L’uso dell’intelletto nell’Islam

L’uso dell’intelletto nell’Islam

Si ritiene che un ottavo dell’intero Testo sacro dell’Islam parli, o faccia esplicito riferimento alla scienza. In effetti, se lo paragoniamo a un altro testo comprensivo delle Ahl al-Kitab (Genti del Libro), ossia i Vangeli, il Corano appare molto più logico e vicino ad argomentazioni scientifiche e razionali. Certo, i Vangeli hanno come principale scopo quello di narrare la vita e il messaggio di Gesù; il Corano, diversamente, essendo parola diretta di Dio, è più onnicomprensivo e parla delle più diverse sfaccettature dell’esistenza – umana tanto quanto cosmica.

Tuttavia ritengo sia importante sottolineare questo punto: il Testo sacro islamico è, in primo luogo, una lettura che riesce a fornire risposte a quei timori che possono assalire l’uomo durante il suo percorso su questa terra. E’ in fondo il motivo per il quale è stato rivelato: «avvertire» l’essere umano su ciò che c’è, e su ciò che ci sarà, in un continuo dialogo fra questi due poli.

Non a caso il Profeta Muhammad affermò che «la scienza è il mio abito e la mia forza. Chi onora i sapienti mi onora». Addirittura disse che «un’ora di insegnamento è meglio di una notte di preghiera». Ovviamente ciò va spiegato come segue: fondamentale, per l’Islam, è pregare e rammemorare costantemente Dio, ma anche migliorarsi giorno dopo giorno – studiando e apprendendo -, in quanto lo studio e l’apprendimento rendono la stessa preghiera più ampia e consapevole. Le due cose non si escludono ma, anzi, si compenetrano vicendevolmente.

Veniamo ora a una domanda posta spessissimo nel Corano per bocca di coloro che non credono: perché Dio non manda segni espliciti? Perché non fa scendere gli angeli in modo visibile? Perché non smuove le montagne?

E’ Dio stesso che parla a tal proposito, dicendo che coloro che non vogliono credere, semplicemente non crederanno con alcun segno venga mandato loro. E’ come se avessero una «cortina» davanti ai loro occhi. Tuttavia Dio, di cui uno dei nomi più belli è al-Rahmanu, il Misericordioso, dice che a coloro che «sono nell’errore» verrà concessa una «proroga», affinché possano riconoscersi in errore (Sura 19, versetto 75). Allah «guida sulla retta via chi Egli vuole».

Il Corano dice anche: «Se gli Angeli camminassero tranquillamente sulla terra, avremmo fatto scendere su di loro, come messaggero, un Angelo» (Sura 17, versetto 95). Ma siccome la terra è popolata da uomini, è l’uomo che – per volontà di Dio – deve annunciare il Verbo. Un poco più avanti nel Corano, quando si narra dell’Arcangelo Gabriele che si rivela a Maria dicendole che avrà un figlio che chiamerà Gesù, è scritto: «Noi le inviammo il nostro Spirito, che per lei si fece simile a un uomo» (Sura 19, versetto 17). Ciò significa, nelle parole coraniche, che gli angeli sono presenti fra di noi, ma non li percepiamo come tali.

C’è poi un altro aspetto che è giusto trattare. Secondo il misticismo islamico, Dio per prima cosa, nell’atto della creazione, avrebbe creato, per taluni il calamo (quindi la parola scritta), per altri l’intelletto. Ma in fondo sono due facce della stessa medaglia. Attraverso il calamo, Dio si rivela con i Suoi testi sacri, narrando di ciò che l’uomo non conosce. Istruendolo, dunque. Ma l’uomo si può istruire soltanto con l’intelletto. Quindi l’intelletto, il ragionamento e il discernimento umano, completano e rendono più comprensibili le innumerevoli profezie che Dio ha mandato al mondo.

Profezie che, è giusto sottolineare, vengono confermate dal Corano, il quale sostiene e promuove, molto spesso nel Testo sacro, il pluralismo religioso: «A ogni comunità abbiamo inviato un profeta». Dunque non solo agli arabi, né solo ai cristiani. A ogni comunità e popolo di questo mondo.

«Questi sono segni per gente che riflette», dice Allah nel Corano. Alcune volte segni espliciti, altre volte segni che necessitano di un lungo discernimento. «Perché non riflettete?»

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